«È evidente che nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo». È una battuta di papa Francesco durante la recente settimana sociale dei cattolici in Italia svoltasi a Trieste.
Oggi, il numero delle democrazie nel mondo tende a ridursi. E anche là dove le istituzioni rimangono formalmente democratiche, la loro sostanza e la loro qualità democratica pare indebolirsi. Soprattutto preoccupa il fatto che oggi diminuisce il favore di cui la democrazia sembrava godere fino a qualche anno fa. La disaffezione al voto è solo il sintomo di una più radicale sfiducia nei meccanismi della rappresentanza democratica. Quel meccanismo di reciproca fiducia che sta alla base delle democrazie, scricchiola. Insomma, la democrazia pare in affanno, sfidata da più parti. Se la democrazia fosse solo una forma di governo tra le altre, una procedura o una tecnica, sarebbe difficile dire – come ha più volte ribadito l’assemblea di Trieste – che la dobbiamo amare. Se usiamo questa parola impegnativa è perché essa porta con sé una pluralità di significati e una storia culturale che ci impegna e ci interroga.
Democrazia ha anzitutto a che fare con l’idea di una forma di vita. È l’idea di libertà intesa certamente come il non essere schiavi di nessuno. Non essere proprietà di nessuno. Ma è molto di più. È l’idea di una libertà che riconosce la dignità unica e imponderabile di ogni essere umano. E questa dignità è data dal fatto che in ciascuno di noi, non vi è solo una realtà di cui avere cura, perché unica e insostituibile, ma vi è una soggettività, cioè una capacità di essere soggetto, di guidare la propria vita e di rispondere di sé, non solo per se stesso, ma per una comunità intera. O, come direbbe il Rosmini, c’è una soggettività che riconosce nel particolare tutto l’essere in potenza. La democrazia è quella forma di vita comune che riconosce questa eccedenza attraverso lo spazio della partecipazione.
Una libertà che nessuno di noi può difendere da solo. Si difende solo insieme. La vera libertà è difesa da un “noi”. Per questo la libertà non è riconducibile e non si esaurisce nel libero arbitrio o nella volontà privata, ma ha a che fare con la verità. Con l’altro. Per questo la democrazia non si misura in primo luogo sull’efficienza. Ci sono altri regimi che possono essere, in determinate situazioni, più produttivi dal punto di vista economico e magari anche più capaci di fornire servizi e assistenza. Ma la democrazia è quella forma del vivere assieme tra persone che si vogliono libere, e che vogliono essere protagoniste nel determinare le scelte fondamentali della loro esistenza e di rispondere del destino delle loro comunità.
Da qui la sfida per i cattolici. Diventa necessario tornare alla riproduzione delle sue fonti di legittimazione e quindi di produzione della “fiducia” nella partecipazione, nel “noi”, coltivando una cultura e un’etica della democrazia. Da qui l’appello ad una assunzione di responsabilità per “costruire qualcosa di buono nel nostro tempo”, dando “attenzione alla gente che resta fuori o ai margini dei processi”.
Don Renzo Beghini – Presidente della Fondazione Toniolo
Si è svolta a Trieste, dal 3 al 7 luglio, la 50° edizione delle Settimane Sociali a cui ha partecipato don Renzo Beghini con alcuni delegati della Segreteria di Intraprésa della Fondazione Toniolo. Il tema della democrazia, che oggi deve affrontare numerose sfide, è stato al centro di intense giornate di approfondimento, scambio e condivisione. Forte è stato il richiamo al dialogo, alla partecipazione, al porre lo Spirito al centro del nostro agire politico ed economico, ad essere “artigiani di democrazia”.
«Grandi sono ancora le emozioni della 50° Settimana Sociale dei Cattolici in Italia a Trieste: dall’inaugurazione con il Presidente Mattarella alla conclusione con Papa Francesco. Sono state giornate di lavoro intenso, di confronto e di condivisione soprattutto nei gruppi di lavoro. Cosa mi porto a casa? La ricchezza delle relazioni. Tante le persone incontrate con le loro storie, la loro unicità e il loro impegno socio-politico. Bella la presenza dei tanti giovani che hanno dato un contributo frizzante alla settimana e bello aver visto rappresentata tutta l’Italia dai 1200 delegati. Con in cuore le parole di Papa Francesco che ci ha invitato ad “essere artigiani di democrazia e testimoni contagiosi di partecipazione”, siamo tornati a Verona per dare il nostro contributo come Intrapresa e SFISP». – Elisa Trivellin, Segreteria di Intraprésa
«Attraverso convegni e testimonianze, a cui anche noi delegati veronesi abbiamo partecipato, si è cercato di testimoniare e raccontare che un modo “diverso” di concepire il mondo del lavoro è possibile e profittevole. Si tratta di porre come obiettivo di un’azienda la creazione di un’impresa di comunità, di porre un’attenzione particolare all’economia circolare, al benessere dei propri collaboratori, al prodotto o al servizio offerto. “Persone e non oggetti” è lo slogan che ha attraversato le tavole rotonde della Settimana Sociale a Trieste. Democrazia lavorativa e compartecipazione al rischio sono le richieste dei giovani lavoratori di oggi. Le esperienze concrete di buone pratiche che cercano di incarnare queste prassi hanno fatto emergere la notevole competitività che esprimono queste realtà rispetto al mercato, avendo di fatto un prodotto maggiormente qualitativo. Queste scelte, che apparentemente sembrerebbero appesantire l’organizzazione aumentandone eccessivamente i costi e la gestione, trovano invece un riscontro immediato dato dall’aumento del fatturato, della qualità produttiva degli addetti, dal rinnovato impegno e dal coinvolgimento nelle strategie innovative, quindi di fatto aumentano il profitto. Cosa serve e cosa manca quindi a rendere possibile tutto questo e a renderlo sistema? Il coraggio di cambiare, il coraggio di rompere con le solite dinamiche e il non sentirsi soli, ma parte di una rete di oltre 1500 imprese italiane che tutti i giorni attraverso il loro lavoro testimoniano che questo modo di fare economia sarà l’unico possibile se vogliamo realizzare un’economia integrale». – Alberto Cetti, Segreteria di Intraprésa