«L’Italia resta un Paese assolutamente cattolico». È la conclusione dell’indagine condotta dal Censis il mese scorso, dal titolo: “Italiani, fede e Chiesa”. La ricerca ha sondato l’identità religiosa del nostro Paese, rivelando una predominante “zona grigia”: si definiscono “cattolici” il 71,1% degli italiani pur praticando poco e mantenendo un rapporto individuale ed emozionale con la fede. «Gli insegnamenti di Gesù sono ancora un punto di riferimento fondamentale mentre c’è diffidenza nei confronti della Chiesa». L’Italia è un Paese la cui cultura è fortemente intrisa di simboli religiosi ma che vive la fede in modo sempre più individualistico.
«C’è diffidenza nei confronti dell’esperienza comunitaria – spiega Giulio De Rita, il ricercatore del Censis che ha seguito l’indagine – si registra una dimensione sempre più personalistica della fede, che riguarda soprattutto i cattolici non praticanti cui piace vivere la vita interiore da soli, al limite condividendola con la famiglia o gli amici più stretti». Oltre il 40% degli italiani non si riconosca nella Chiesa cattolica perché la considera antica, senza una linea chiara né donne ai vertici. Franco Nembrini ha commentato l’indagine: «la Chiesa tradisce sé stessa se va all’inseguimento delle novità culturali e sociali. Così perde sempre, mentre la Chiesa vince perché è più avanti, è in attacco sempre rispetto al mondo».
Sul rapporto dei cattolici e della Chiesa con la cultura e la società contemporanea il quotidiano Avvenire ha una rubrica inaugurata nel febbraio scorso da un articolo di Sequeri che descrive la condizione dei cattolici in Italia con l’icastica definizione: tanta morale, poca comunità, zero cultura.
Purtuttavia stiamo vivendo una stagione che da più parti per riferimento al nostro Paese viene definita vivace e interessante: basti pensare alla ricezione delle encicliche di papa Francesco, ad Arena di Pace 2024, ai Sinodi e al Giubileo. Negli ultimi anni il rapporto dei cattolici con la cultura contemporanea, e di conseguenza la figura della Chiesa nella società di oggi, sono temi che hanno avuto una notevole attenzione per i quali sono stati pubblicati numerosi e interessanti contributi. Solo per citarne alcuni: Vivere da cristiani in un mondo non cristiano. L’esempio dei primi secoli (Leonardo Lugaresi, 2020), La crisi dell’Occidente (Santiago Cantera Montenegro, 2022), Pomeriggio del cristianesimo (Halìk Tomáš, 2022), La chiesa che verrà (Armando Matteo, 2023), La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo (Chantal Delsol, 2023), Chiesa dove vai? (Gisbert Greshake, 2023), Dove va la Chiesa? (Enzo Bianchi, 2023), Cristiani in un mondo che non lo è più (Josef De Kesel 2023), La sconfitta dell’Occidente (Emmanuel Todd, 2024), La messa è sbiadita (Luca Diotallevi 2024).
Soffermandoci sul primo saggio, lo storico del cristianesimo dell’università di Bologna Leonardo Lugaresi, riprende alcuni temi dell’indagine del Censis. Nonostante i popoli d’Europa si dicano ancora in buona parte cristiani, c’è motivo di credere che si tratti per lo più di un cristianesimo nominale e che il cristianesimo reale appartenga ormai all’esperienza di un numero molto ridotto di persone. Da questa constatazione, però, Lugaresi stabilisce un parallelismo, tra le prime generazioni cristiane che vivevano nel mondo di cultura pagana o giudaico ellenistica e la condizione dei cristiani di oggi, anch’essi una generazione nella condizione, per molti aspetti, dei primi cristiani, riguardo ai quali auspica il recupero dello spirito che li animava. Si tratta cioè di capire come i primi cristiani, in una situazione di ancor più radicale e completa estraneità al fatto cristiano del contesto sociale, pur essendo un gruppo numericamente esiguo, riuscirono a innervare la società a tal punto da cambiare il corso della storia.
Il gruppo dei primi cristiani non si è conformato al mondo in cui viveva, che è uno dei rischi maggiori che corriamo oggi, ma lo ha messo in crisi! Nel senso della parola greca krisis, ovvero viveva nel mondo giudicandolo alla luce del Vangelo. Come dice la Lettera a Diogneto: i cristiani sono in tutto come gli altri, solo che vivono una vita diversa. Di fatto si sono messi a “servizio del mondo”, paradossalmente, mettendolo in crisi! Questa è stata la chiave della diffusione del cristianesimo, resa possibile dal fatto che i primi cristiani, a loro volta, hanno accettato di farsi mettere in crisi da Dio, come avviene esemplarmente nell’episodio di Paolo ad Atene (At 17), che sta al centro dell’analisi di Lugaresi. All’inizio Paolo prova indignazione per gli idoli dei Greci e poteva fermarsi lì, cioè in un contesto ostile poteva fare una di queste tre cose: assimilarsi alla cultura dominante, chiudersi o separarsi. L’Apostolo, invece fa una quarta scelta e rilancia. Mettendosi nell’habitat speculativo dei Greci provoca e suscita una crisi, ovvero li giudica alla luce del Vangelo, affermando che quel Dio ignoto che essi adorano senza conoscerlo, egli glielo annuncia. Cioè, se i Greci accettano di andare fino in fondo al loro percorso intellettuale e religioso capiranno che Paolo può fargli conoscere il Dio ignoto perché si è rivelato.
E cos’altro è la crisi, se non la forma che una città assume quando non è più disposta a pagare i costi di relazioni indifferenti e banali, di disuguaglianze inaccettabili, di condizioni di vita inumane perché vuote di senso? E cos’altro è la crisi, la lotta interiore, se non il prezzo che è disposto a pagare chi ama la verità e la libertà? E cos’altro è la giustizia (non la legge) se non la continua ricerca di un intreccio ad alta intensità tra io e tu, comunità e libertà, solidarietà e sussidiarietà?
Paolo VI scrisse che la Chiesa del Concilio si è occupata oltre che di sé stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo. Di quell’uomo quale oggi in realtà si presenta: l’uomo vivo, tutto occupato di sé che si fa centro d’ogni interesse e si pensa principio e ragione di ogni cosa. Lo stesso uomo benedetto per l’innocenza dei suoi figli, per il mistero della sua povertà, per la pietà del suo dolore. Natale annuncia che la religione del Dio che si è fatto Uomo si è incontrata con la religione dell’uomo che si fa Dio. E cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere; ma non è avvenuto. Una crisi? Sì. Un incontro di libertà.
Buon Natale
don Renzo Beghini